martedì, marzo 20, 2007

Globalizzazione del commercio o dei diritti?Siamo sicuri che le due cose non possano coesistere?

Una delle parole emerse negli ultimi anni è globalizzazione. Cosa significa? In campo economico il termine denota lo sviluppo del commercio mondiale, la crescente dipendenza dei paesi gli uni dagli altri e l'affermazione delle imprese multinazionali. In questa accezione, il fenomeno da una parte è contestato da alcuni movimenti detti “no-global” e dall’altra è sostenuto dai “pro-global”. Il primo fronte è variegato: si va dalla estrema destra alla estrema sinistra, includendo alcune aree del cattolicesimo. E’ caratterizzato dal rifiuto del libero mercato e dalla difesa del protezionismo. I suoi membri denunciano l’assenza dei diritti dei lavoratori, il prevalere dei profitti sui salari e la crescita delle disuguaglianze dei redditi a livello planetario e all’interno dello stesso paese. Per ridurre quest’ultimo problema alcuni di loro vorrebbero imporre ai Paesi ricchi una tassa sulle transazioni finanziarie. Componenti del fronte sono anche le associazioni del commercio equo e solidale che promuovono agricolture e prodotti dei Paesi più deboli contrapponendoli ad un simbolo dell'odiata globalizzazione: McDonald. La battaglia che, le varie componenti combattono è dunque contro il mondo del capitale sfrenato, che ha come obiettivo la massimizzazione del profitto nel più breve tempo possibile. Lo slogan che li accomuna tutti parla chiaro: "Un altro mondo è possibile". Non partecipano alla contestazione radicale contro la globalizzazione nè la destra moderata, nè la sinistra moderata, nè la dottrina sociale della Chiesa che contestano sì alcuni aspetti della sua applicazione, ma non il fenomeno in sè. Accettano infatti l'idea di libero mercato e sostengono che la globalizzazione porti enormi vantaggi in termini di crescita del commercio, espansione degli investimenti, mercati sempre più competitivi che offrono un migliore rapporto qualità/prezzo. Inoltre la globalizzazione rappresenterebbe la soluzione alla povertà del terzo mondo. I dati forniti dalle scienze sociali indicano però che non è così. Non è vero neanche il contrario, cioè che essa renderebbe nel complesso i paesi più poveri. I dati affermano invece che ha portato alcuni miglioramenti interni, quali lo sviluppo della rete infrastrutturale, il perseguimento della stabilità politica, le riforme del sistema agrario e il miglioramento dell'assistenza sociale. Ancora una volta dunque la verità sta nel mezzo. La globalizzazione ha i suoi vantaggi ai quali non avrebbe senso rinunciare ma dovrebbe e potrebbe decisamente andare di pari passo con la globalizzazione “dei diritti” e perciò con il rispetto dell'ambiente, l’ eliminazione della povertà e dello sfruttamento umano, l’abolizione della pena di morte e l’emancipazione femminile. Chi l’ha detto che la globalizzazione del commercio e quella dei diritti umani non possono essere le due faccie della stessa medaglia?

Maria Carola Catalano

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