di Concita De Gregorio, direttore dell'Unità
Così siamo al dunque. Quel che non si può comprare né corrompere deve tacere. Eccola qui la strategia d'autunno: zittire con ogni mezzo il dissenso, che ormai questo è diventato il semplice dovere di cronaca e diritto di critica. Il presidente del Consiglio, lo avete letto, è in guerra in queste settimane con i commissari europei, con le gerarchie ecclesiastiche, con i giornali che nel nostro paese e nel mondo documentano le sue gesta.
Non ci sono in Italia molti organi d'informazione che non dipendano direttamente o indirettamente dal suo favore, dal suo smisurato potere economico e dal suo potere di influenza e di minaccia. Premere, corrompere o comprare. Dove non si può pagare, allora uccidere. Lo squadrismo mediatico di governo, forte di nuove reclute, è difatti al lavoro per distruggere le reputazioni dei giornalisti non a busta paga.
Mezzi leciti e illeciti, menzogne, false prove, non importa. L'aggressione al direttore di Avvenire, che ieri persino Fini ha definito killeraggio. L'aggressione personale all'editore e al direttore di Repubblica, insieme la richiesta di risarcimento al giornale per aver posto dieci domande. L'Unità, unico quotidiano in Italia, le ha per due volte ripubblicate: è possibile giudicare diffamanti delle domande, non sarebbe doveroso rispondere? Il gruppo Prisa, editore del Paìs, è sotto offerta economica da parte di emissari spagnoli del premier. Ecco adesso l'attacco all'Unità.
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